Arias:
La sua lampada vitale, Francesco's aria from I Masnadieri
Vecchio! spiccai da te quell'odiato
primogenito tuo! La piangolosa lettera
ch'ei ti scrisse io l'ho distrutta:
Una mia ne leggesti, ove tel pinsi
con sì cari colori. . .Alfin la colpa
della natura, che minor mi fece,
castigai nel fratello; ora nel padre
punir la debbo. . .Il dritto!
La coscienza! Spauracchi egregi
per le fiacche animucce. Osa, Francesco!
Spàcciati del vecchiardo. . .È vivo a stento
questo logoro ossame; un buffo. . .è spento.
La sua lampada vitale
langue, è ver, ma troppo dura.
Se va lenta la natura,
giuro al ciel! l'affretterò.
Mente mia, trova un pugnale
che trapassi il core umano,
nè svelare possa la mano
che lo strinse e lo vibrò.
Tremate, o miseri, Francesco's aria from I Masnadieri
Tremate, o miseri, voi mi vedrete
nel mio verace terribile aspetto;
d'un vecchio debole che non temete,
più non vi modera la stanca man.
Al riso, al giubilo succederanno
singulti, lagrime, timor, sospetto;
l'inedia, il carcere, l'onta, l'affanno
strazio ineffabile di voi faran.
Pareami che sorto da lauto convito, Francesco's aria from I Masnadieri
Pareami che sorto da lauto convito
dormissi fra l'ombre di lieto giardino:
Quand'ecco, percosso da sordo muggito,
mi sveglio,
ed in fiamme la terra m'appar:
E dentro quel fuoco squagliati, consunti
gli umani abituri . . ., poi sorgere un grido:
"O terra, rigetta dal grembo i defunti!
rigetta i defunti dal bartro, o mar!"
Ed ossa infinite coprir le pianure . . .
Fui tratto a quel punto
sui gioghi del Sina;
e tre m'abbagliaro splendenti figure . . .
Armata la prima d'un codice arcano,
sclamava: "Infelice chi manca di fede!"
E l'altra, uno speglio recandosi in mano,
dicea: "La menzogna confondesi qui."
In alto una lance la terza librava,
gridando: "Venite, figliuoli d'Adamo."
E primo il mio nome
fra nembi tuonava,
che il Sina copriano d'un orrido vel.
Ogni ora, passando, d'un nuovo misfatto
gravava una coppa
che crebbe qual monte;
ma il sangue nell'altra del nostro riscatto
tenea la gran mole sospesa nel ciel.
Quand'ecco un vegliardo,
per fame distrutto.
Spiccosi una ciocca di bianchi capelli,
e dentro la tazza di colpe, di lutto
quel veglio a me noto la ciocca gittò.
Allor, cigolando, la coppa giù scese,
balzò l'avversaria sublime alle nubi,
e tosto una voce di tuono s'intese:
"Per te, maledetto, l'Uom Dío non penò."